mercoledì 28 luglio 2010

Sul furto d'identità calcistica

Dopo il furto dei simboli, mi chiedo con che faccia potranno ancora ridere sotto i baffi, i tifosi della diga, quando sentiranno le tifoserie avversarie dell'hellas urlare:

Scendi dalla scala
è finito il medioevo
adesso sei soltanto
in provincia del Chievo

Non sono né tifosa né amante del calcio; tuttavia, se fossi messa nella condizione di dover scegliere una squadra veronese per cui simpatizzare non avrei dubbi: la mia preferenza andrebbe alla squadra della diga. Andrebbe al Chievo esattamente come il mio voto - da qualche anno - va ad alcuni: per esclusione e con l'amaro gusto di far dispetto agli altri.
Non sopporto l'hellas, la sua tifoseria diseducativa e razzista, l'atteggiamento ancor più diseducativo e tollerante, se non ammiccante, che la pubblica amministrazione tiene - sindaco in testa - rispetto alla squadra e ai comportamenti talvolta inqualificabili dei suoi supporters.
Non dimentico che episodi quali piazza viviani e corticella leoni sono legati alla tifoseria e ai simboli dell'hellas da una sottile linea, ancorché tratteggiata.
Al contrario, vedo il Chievo come un esempio di serietà, di buoni valori, di disciplina sportiva e calcio per famiglie.
Per questo - da una posizione che è del tutto fuori dai giochi - mi permetto di dire che il Chievo non ha bisogno né di scale né di cangrande. Ha le carte per distinguersi e dovrebbe far di tutto per farlo.

Meglio un asino che voli di una scala a pioli.

domenica 25 luglio 2010

Pavia, gioie e dolori


Che Pavia sia una città così zanzarosa da rasentare il coprifuoco non è una novità. Così, chi decide di affrontare il classico struscio serale su e giù per il cardo e il decumano cittadino - strada nuova e corso cavour - deve mettere in conto l'assalto da parte di questi sgradevoli insetti.

Certo che ieri sera, passeggiando per "il corso" (strada Nuova) incrociare pavesi dotati di racchetta friggizanzare è stato abbastanza imbarazzante... Un discreto numero di persone, prevalentemente uomini tra i 30 e i 50, generalmente in compagnia di amici o pargoli, sventolavano divertiti questi osceni gadget made in china, producendo un costante e sonoro rumore di friggitrice. Clara ed io ci guardavamo attorno tra l'allibito e l'orripilato. Insomma, uno spettacolo desolante e anche un po' buzzurrish, la cui utilità privata o sociale sicuramente non mi risulta superiore a quella garantibile con un flacone di autan fresh.

Chissà come mai, di tutti i fenomeni di costume (o presunti tali), nelle città di provincia padane hanno la capacità di attecchire quelli a più altro indice di cafonaggine ?

Per riportare in pari la bilancia del buongusto, continua piacevolmente a sorprendermi la seppur lenta riqualificazione di corso garibaldi, meraviglioso asse storico popolato da negozi molto shabby chic. Se un giorno mai (presto o tardi) riapproderò qui, nella mia città natale, sarà lì che cercherò il mio nido. Il distacco da veronetta sarà così più morbido.

mercoledì 21 luglio 2010

A lezione di dignità

Amaro ma bello sapere che c'è ancora qualcuno che ha pudore, senso della vergogna, dignità e capacità di indignarsi.

venerdì 16 luglio 2010

Business casual


Un recente post di una fashion blogger mi ha dato lo spunto per riflettere sul tema del dress code in ambito lavorativo. La blogger, proponendo un outfit per il lavoro a queste temperature tropicali, non si chiedeva se fosse appropriato per il contesto lavorativo, ma semplicemente se le stesse bene, non aprendo dunque in quel partecipato blog il dibattito sul tema.

Un prologo è d'obbligo: il tuo primo capo ti forgia. E se il tuo primo capo era anche un autorevole capitano d'industria, dirigente della vecchia guardia confindustriale, l'imprinting dura a lungo.

Ebbene, il mio primo capo, senza mai dettar regole esplicite, ci aveva indirettamente insegnato un dress code, con la leggerezza dei suoi commenti garbati, tanto ironici quanto chiari, quando non approvava le nostre scelte. Un dress code costruito giorno per giorno, per correzione e molto spesso per sottrazione. Un dress code che mi ha reso la "bacchettona" che sono e di cui in fondo vado fiera. Perché mi fa sentire sempre a posto. Per famosa regola del "se ti chiedi se un abito sia adatto all'occasione, probabilmente non lo è" ...

Negli anni novanta, quando spopolavano i sabot, il capo ci aveva pregate di non presentarci a lavoro in ciabatte; aveva apostrofato i pinocchietti di lino della mia collega chiamandoli pigiama. Di fronte alla mia passione per alamari e shantung, mi raccomandò di non prendermi la SARS nell'est asiatico.

Quando il caldo si faceva sentire precisava che la stoffa si assottigilia, non si riduce. D'altro canto, come dargli torto ? Come fanno i signori uomini ad agosto ?

Di quel dress code, dopo oltre un decennio, rimane quasi tutto. Ho sdoganato solo jeans e sandali. Che dire, sarò anche vecchia dentro, ma amo le donne di oggi con il buon gusto di ieri.
Nella foto: il dress code lavorativo liberamente interpretato da tre esponenti di spicco della Lega Nord



sabato 10 luglio 2010

La libertà di stampa, questo privilegio

Non voglio andarmene dal berlusconistan perché questo è il mio paese, ma quando leggo certe agenzie...

E' necessario "togliere il bavaglio alla verità", un bavaglio "imposto dalla stampa schierata con la sinistra" che "è pregiudizialmente ostile al governo, che disinforma e non solo distorce la realtà ma calpesta in modo sistematico il sacrosanto diritto dei cittadini alla privacy, per esempio all'uso sereno del telefono". E' il compito che il premier Silvio Berlusconi ha affidato, con un messaggio audio, ai Promotori della libertà.
Berlusconi ha attaccato la stampa sostenendo che "il diritto alla privacy è meritevole di tutela" ma "la stampa italiana, nella sua maggioranza, ha scelto di ignorare questo principio". Secondo il premier i media fanno "disinformazione", "calpestano il diritto alla privacy " e lo fanno invocando per loro la libertà di stampa come se si trattasse di un diritto assoluto che prescinde dagli altri ma noi sappiamo che in democrazia non esiste un diritto assoluto perchè ogni diritto incontra il limite di un altro".
Il premier ha poi ribadito "l'assoluta necessità della manovra economica" che il governo sta "portando avanti". Il provvedimento, ha sottolineato il presidente del Consiglio "è in linea con quanto ci ha chiesto l'Unione europea, che ci ha chiesto di ridurre la spesa pubblica, che ormai da anni supera il nostro prodotto nazionale". (Apcom)